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7 marzo 2011

COMUNICATO STAMPA:IL CASO GUBERTI E LA RESPONSABILITA' PUBBLICA

L’associazione l’Occhio Verde ha partecipato attivamente alla vicenda dell’allevamento del Vento di Giorgio Guberti costituendosi parte civile al processo, fornendo testimoni,materiale fotografico, presentando esposto mesi prima del sequestro, aiutando il giorno del sequestro, aiutando i custodi giudiziari e Animal Liberation con raccolte fondi e materiale. Molti degli associati dell’Occhio Verde fanno parte, ora, di Ravenna Punto a Capo, compresa la rappresentate legale Samantha Comizzoli.

Abbiamo pertanto assistito a tutte le udienze del processo, fino alla sentenza di colpevolezza per maltrattamento e smaltimento illecito di rifiuti. Crediamo, come è sempre stato nel nostro pensiero, che i problemi vadano risolti in profondità, andando alle radici.

E’ per questo motivo che questa mattina abbiamo depositato presso la Procura della Repubblica di Ravenna, un esposto per verificare eventuali responsabilità della pubblica amministrazione in questa vicenda. Questo poiché il Sindaco è responsabile della tutela della salute pubblica e dell’ambiente ed esercita tale tutela attraverso mezzi della pubblica amministrazione, come assessore di competenza e avvalendosi della collaborazione della AUSL. Più volte le testimonianze sentite in aula hanno paventato possibili rischi per la salute pubblica e l’ambiente. Ma il fattore che più ci stupisce è che l’allevamento il questione era privo di qualsiasi autorizzazione per poter esercitare, e questa situazione di illegalità si protrareva da 30 anni. Una qualsiasi attività sarebbe stata chiusa dopo un paio di giorni, come è possibile una “svista” di questo genere, dopo tutte le segnalazioni arrivate in Comune?

Riteniamo lecito comunicare la consegna dell'esposto a mezzo stampa poichè tutto ciò che doveva emergere sull'allevamento Guberti è venuto fuori in tribunale. Noi non possiamo giudicare la responsabilità dell’amministrazione ravennate, ma c’è la magistratura per farlo. Pertanto lasciamo a loro il compito del giudizio.


L’Occhio Verde

Ravenna Punto a Capo

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO: da Animal Liberation

Il processo al Guberti si è concluso il 24 febbraio 2011 con la condanna ad un anno e sei mesi di reclusione (pena sospesa), a tre anni di interdizione dall’attività di allevamento, al pagamento di una provvisionale di tremila euro e di circa altrettanto di spese processuali per ciascuna delle tredici associazioni costituite parte civile ed alla confisca di tutti i cani e la loro assegnazione alle persone e associazioni che li hanno tuttora in consegna.

Il pubblico ministero, dott. Barberini ed il giudice Schiaretti del tribunale di Ravenna non si sono lasciati condizionare dalla massiccia campagna di stampa e di pressione condotta dalla potente lobby dei cacciatori e allevatori amici dell’imputato e hanno operato con indipendenza e coraggio; con mente evoluta hanno saputo ben interpretare e applicare la legge sul maltrattamento degli animali.

Il sequestro fu operato dal NIRDA (Nucleo Investigativo per i Reati a Danno degli Animali facente parte del Corpo Forestale dello Stato), allora diretto dalla dott. Rosaria Esposito,in collaborazione con la Forestale di Ravenna, a seguito del grande clamore sollevato dalle denunce mediatiche di volontari di Animal Liberation che, allarmati da una foto fatta circolare via internet a metà dicembre 2008 da Davide Battistini, un cittadino ravennate, si recarono sul posto e presero a tornarvi tutti i giorni di nascosto per dare cibo ai cani scheletrici, nel fango e nel gelo, sopra montagne di feci, anche ciechi e morenti, senza terapie e terrorizzati, fotografando le scene raccapriccianti che vedevano e riprendendole con una videocamera.

Di quel lager, Paolo C, in tribunale durante il processo si è assunto la responsabilità di aver fatto foto e riprese e di esservi penetrato attirato dai latrati e guaiti che vi provenivano: ha rischiato l’incriminazione per violazione di proprietà, ma ha consegnato al giudice le immagini che, come ha detto il pm nella requisitoria finale, “Se non ci fossero le perizie, se non ci fossero la Forestale di Ravenna, i Noe e i Nas, se non ci fossero i veterinari e gli ausiliari di polizia giudiziaria con le loro testimonianze, basterebbe guardare queste foto per capire in che condizione erano tenuti i cani…”

Il sequestro era avvenuto il 28 e 29 dicembre 2008 e Animal Liberation aveva letteralmente preso in braccio e portato in salvo 176 cani, altri cinque furono immediatamente ricoverati in clinica e poi presi in custodia dalla Lega per la Difesa del Cane di Forlì, mentre il Centro Soccorso Animali prese i restanti, naturalmente tutti autorizzati dalle autorità competente.

I centosettantasei pointer furono alloggiati in una pensione in provincia di Rovigo, dove Lilia Casali, presidente di Animal Liberation, li seguì, trasferendovisi, lasciando la sua casa di Bologna, sospendendosi dal lavoro e con l’aiuto di volontari del posto i cani furono accuditi nel migliore dei modi e iniziò l’opera di recupero psico-fisico che dura tuttora.

Fin da subito Animal Liberation presentò l’atto di intervento previsto dalla legge, che in base all’art. 91 e 93 del CPP, consente di affiancarsi alla Procura peraddurre prove ed elementi utili allo svolgimento delle indagini.

Tutti i cani furono fotografati immediatamente dopo il loro arrivo e rifotografati nei mesi successivi per documentare il loro stato iniziale ed i loro cambiamenti.

Furono sottoposti tutti a visite mediche e ad analisi. Quando necessario furono ricoverati e operati.

Ogni cane ha la sua cartella contenente la scheda anagrafica, il peso alle varie date, i risultati degli esami e le foto. Una quarantina di esse sono state poi consegnate al Giudice dalla presidente di Animal Liberation.

I veterinari del luogo, Jessica Negrini, Silvia Gasparri e Arduino Previati con molta dedizione e disponibilità li hanno curati. Gliene siamo davvero grati.

La dott. Negrini, sulle risultanze delle visite e delle analisi cliniche ha stilato una relazione che è stata consegnata al tribunale e durante il processo ha rilasciato una testimonianza notevole, chiara e precisa: ha descritto lo stato dei cani, ha riferito quante e quali patologie o traumi avessero ed ha concluso che secondo lei si trovavano indubbiamente in uno stato di maltrattamento.

Il dr Gianluca Rovesti accettò l’incarico di Animal Liberation di sottoporre a visita oculistica diverse decine di cani con problemi agli occhi, stilò diagnosi e prescrisse le terapie: ha testimoniato al processo, riferendo tra l’altro, che i cani affetti da cheratocongiuntivite secca (KCS) soffrono molto e provano bruciore per la secchezza oculare. Lo sfregamento della palpebra sulla cornea provoca continue lesioni per cui questa si opacizza fino ad arrivare alla cecità, pur essendo l’occhio in sé sano. Il cane non curato finisce col diventare cieco. Ma i sintomi sono ben evidenti anche a occhio nudo e la cecità non arriva velocemente. Quindi il dr Guberti, veterinario, vedeva, sapeva, ma non curava i suoi cani e non alleviava le loro sofferenze.

Il dr Rodingo Usberti, responsabile del Servizio veterinario dell’ASL di Forlì, ed il dr Roberto Milan, di Rovigo accettarono di essere consulenti per Animal Liberation, SOS Cuccioli-Mondo Cane e Lega Difesa del Cane di Forlì ai fini dell’incidente probatorio disposto dal Giudice per stabilire le cause di decesso dei sei cani trovati morti nel giorno del sequestro e dei cuccioli morti subito dopo (versavano in condizioni precarissime). Insieme stilarono una relazione scritta che fu depositata. Hanno partecipato alle sedute di autopsie e durante l’udienza conclusiva il dr Usberti ha spiegato perché i cani trovati dilaniati fossero morti persbranamento: il consulente per il tribunale, prof Militerno, della facoltà di veterinaria dell’università di Bologna, aveva affermato che “I cani sono morti a causa di orrende lacerazioni, inflitte da corpi acuminati e contundenti”, però non aveva proferito questa parola.

La prof. Paola Valsecchi, docente di etologia applicata all’università di Parma; accettò l’incarico da Animal Liberation per l’esame e la valutazione dei cani sequestrati, è venuta diverse volte a visitare i cani e ci ha confortati sull’opera di recupero da noi intrapresa, riscontrando ad ogni visita un netto miglioramento in molti soggetti. Ha stilato una perizia scritta come consulente di parte per Animal Liberation ed ha deposto durante il processo sulle privazioni e danni psichici subiti dai cani allevati dal dr. Guberti.

Alessandra Monteleone, educatrice cinofila che segue una scuola che adotta metodi gentili, assiste i cani fin dal giorno dopo il sequestro e opera per il loro recupero. Ha testimoniato in aula sullo stato in cui versavano i cani.

Oltre a questi competenti e coraggiosi esperti di parte civile per Animal Liberation, un altro specialista è stato fondamentale per l’esito del procedimento:

Il dr Roberto Marchesini, etologo, nominato consulente dal pubblico ministero: esaminò i cani diverse volte nel corso dei primi mesi, stilando una perizia della quale in aula ha descritto i punti salienti, sottolineando più volte lo stato di sofferenza psichica, a certi livelli permanente, patita dai cani a causa della privazione sensoriale subita fin da cuccioli nell’allevamento del Vento, che non ha esitato a definire “una discarica”. Senza esitazioni ha concluso che il metodo d’allevamento del dr. Guberti, basato sulla competizione alimentare alla quale i cani venivano costretti dall’assoluta penuria di cibo, non è accettabile e sottopone i cani a reale maltrattamento.

A tutti loro deve andare il ringraziamento dell’intero movimento animalista.

Rendiamo noto che molti veterinari e specialisti da noi contattati, saputo di che procedimento si trattasse, non ebbero il coraggio di esporsi e rifiutarono l’incarico di curare i cani, sapendo che avrebbero dovuto rilasciare apposita certificazione. Mettersi contro il dr Guberti e i suoi sostenitori faceva paura.

Altre testimonianze sono state importanti durante il processo:

La dott. Anna Mazzini, vicequestore del Corpo Forestale dello Stato di Ravenna: ha riferito che la Forestale intervenne, insieme al NIRDA, allertata da molti esposti e segnalazioni di cittadini e associazioni. Ha descritto “le condizioni incompatibili e insopportabili nelle quali si trovavano i cani”, richiamato i referti veterinari per ferite e morsi, i corpi di cani trovati morti, alcuni box al buio, le cucce insufficienti, il fondo completamente bagnato, con impossibilità di ripari asciutti, stratificazioni di feci, cibo assolutamente insufficiente, inadeguato e con muffa … una gabbia contenente una quindicina di gatti selvatici dalla quale non uscivano mai, costretti su un pavimento di rete metallica …

Il dr Saporito, medico veterinario, il maresciallo Locci (NAS) e il maresciallo Brasa (NOE) citati dal PM e

Samantha Comizzoli, Domenica Melandri, Cristina Franzoni e Lilia Casali, citate da Animal Liberation e L’Occhio Verde.

LA DIFESA DEL DOTT. GUBERTI:

Gli avvocati difensori si sono opposti all’ascolto di quasi tutti i testimoni e consulenti citati dall’accusa:

o perché avevano svolto il ruolo di ausiliari di polizia giudiziaria (e secondo loro è un ruolo incompatibile con la testimonianza in cui viene espressa una valutazione),

o perché erano veterinari che avevano ricevuto da Animal Liberation l’incarico di curare ed esaminare i cani e per far ciò, secondo loro, avremmo dovuto chiedere l’autorizzazione della Procura ,

o perché si trattava di prove acquisite commettendo il reato di violazione di proprietà privata (foto e riprese),

o, nel caso del dott. Roberto Marchesini, perché l’imputato non aveva propri consulenti che avessero esaminato i cani nel periodo in cui lo fecero l’etologo per conto della Procura e i consulenti per conto di Animal Liberation (ma, come il pm dr Barberini ha sostenuto, l’imputato non lo chiese e se l’avesse chiesto, sarebbe stato autorizzato, quindi fu libera scelta della difesa non usufruire di tale possibilità e non sarebbe stato logico privare il procedimento delle relazioni e testimonianze dei consulenti che avevano esaminato i cani).

Hanno sostenuto che il sequestro non era stato regolare perché dal NIRDA era stato nominato custode giudiziario una persona, Bruno Mei Tomasi, che non seguiva i cani direttamente, ma che aveva delegato le funzioni di trasferire, far curare, alloggiare e mantenere i cani a Lilia Casali (Animal Liberation) e a Saverio Ciancio (Centro Soccorso Animali). Il pm ha riconosciuto che ciò era vero, ma ha dichiarato che la Procura aveva poi sanato tale anomalia nominando custode giudiziario per tutti i cani Maurizio Pianazzi, presidente dell’associazione Cruelty Free di Bologna.

Hanno sostenuto che dato che il Guberti era stato nell’ultimo decennio denunciato altre sette volte, sempre ottenendo l’assoluzione o archiviazione, si trattava di una persecuzione e non poteva essere vero che fosse colpevole per come teneva i cani nel dicembre 2008.

Hanno chiesto l’assoluzione, ma hanno anche sostenuto che trattandosi di un allevamento non era in ogni caso applicabile la legge 189, art 544 ter del codice penale sul maltrattamento degli animali, perché tale legge esclude dai propri ambiti di competenza le attività di allevamento, così come i trasporti, la caccia, la vivisezione i macelli, gli zoo, i circhi ecc. (tutte le altre industrie di sfruttamento e tortura di animali, n.d.r.)

Hanno citato il prof Stefano Cinotti, direttore dell’Istituto Zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia con sede a Brescia, che nel 2003 in un precedente processo a carico del dott. Guberti, fu incaricato come consulente dal Tribunale di Ravenna: allora egli era preside della facoltà di medicina veterinaria di Bologna e nella perizia questo cattedratico scriveva che l’imputato “applica un metodo di selezione naturale e quindi non si può parlare di maltrattamento “.

Sappiamo che scientificamente questa è un’aberrazione, perché la selezione naturale è solo quella che avviene in natura e non si può definire tale ciò che avviene in cattività.

In natura esistono spazi amplissimi e molte vie di fuga, nessun canide è costretto ad una promiscuità ed un affollamento abnormi, c’è la possibilità di starsene in disparte se invisi ad un soggetto più forte, ci si può staccare dal branco e formare un altro gruppo, si possono trovare ripari naturali, scavarsi tane, trovare cibo e acqua … tutte cose che imprigionati sono impossibili.

Il prof. Stefano Cinotti lo sa benissimo, eppure per difendere un allevatore come Guberti (cioè gli interessi di un’intera area di allevatori senza scrupoli) non esitò a scrivere una autentica cretinata scientifica.

Gli avvocati del dr Guberti hanno detto che il prof. Cinotti, componente del Consiglio Superiore di Sanità, “è referente nazionale per il benessere animale ed è esperto anche per finanziamenti a progetti …” di chi e per che cosa? Quanto siamo ingenui noi animalisti, comprese le associazioni nazionali che frequentano il ministero: abbiamo avuto bisogno di apprenderlo dagli avvocati di Guberti, chi è Stefano Cinotti, protagonista di un’assoluzione che ha permesso ai lager dell’Allevamento del Vento di proseguire nell’attività di terrore e morte per altri cinque lunghi anni!

Il prof Cinotti non è l’unico cattedratico che ha espresso condivisione per il metodo Guberti: lo hanno fatto anche il prof. Peli, il dott. Pardini, la dott. Elettra Grassi, ma nonostante abbiano tentato all’inverosimile e a costo di sfiorare il ridicolo, di difendere i metodi applicati nell’Allevamento del Vento, la sentenza ha riconosciuto l’imputato colpevole di maltrattamento.

Siamo in attesa delle motivazioni, ma pensiamo di poter dire che secondo noi si tratta di una sentenza storica: il dott. Guberti non è un pazzo isolato, come qualcuno pensa, ma è la punta di un iceberg : è un allevatore famoso in tutto il mondo, è stato difeso dai migliori avvocati di Ravenna, è sostenuto da una vasta area di allevatori che pretendono il diritto di allevare i cani a loro completo arbitrio, senza interferenze di legge, con la motivazione che “i cani da compagnia sono una cosa e i cani da lavoro sono un’altra”.

Eppure oggi il dott. Guberti è stato condannato.

Il giudice Schiaretti ha accolto le richieste del pm dr Barberini, accompagnate dalle parole:

“Questa sentenza deve dirci che comunque un allevatore deve rispettare dei principii.”

Il dr Guberti presenterà ricorso e corre voce che ricorrerà direttamente in Cassazione. Ma ci saremo anche noi. Intanto il tempo passa e certi principii si affermeranno ancor più, intanto i pointer liberati dal lager di Ravenna avranno vissuto il resto della loro vita amati e rispettati.

In molti hanno trovato casa, ma ce ne sono ancora cinquanta in attesa di una famiglia. Sono alloggiati, assistiti e mantenuti da Animal Liberation, Centro Soccorso Animali Modena e Cruelty Free di Bologna.

Chiediamo a tutti coloro che apprezzano il grande risultato ottenuto e comprendono che grande impegno e sacrifici ha richiesto, di sostenerci con un contributo economico e di aiutarci a trovare un’adozione per i pointer affinchè si compia fino in fondo quest’opera di salvataggio. Sono molto dolci e molto buoni. Meritano il vostro aiuto.

Lilia Casali, presidente di Animal Liberation

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